Carlo di Borbone – Re di Napoli e di Sicilia

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Carlo di Borbone esordì come sovrano combattente, nel riuscito tentativo di fare del Regno di Napoli uno stato formalmente indipendente. Seppe poi farsi promotore della grandezza delle Due Sicilie nelle costruzioni imponenti e magnifiche, come la Reggia di Caserta e il teatro San Carlo. E come l’Albergo dei Poveri, un palazzo maestoso posto al centro della Capitale, in cui gli emarginati divengono destinatari di una solidarietà trionfante e concreta, aliena da ogni snobismo. Furono poi memorabili la sua opera di valorizzazione delle arti e l’impulso straordinario che diede alla cultura (il ‘700, fra l’altro, fu il secolo d’oro della grande Scuola Musicale Napoletana e della sensazionale operazione di riscoperta di Pompei ed Ercolano) e al prestigio del Regno. Ma il suo tempo conobbe anche l’assalto al potere dei ceti parassitari che cercarono di utilizzare la monarchia, aperta alle loro istanze, come ariete per abbattere nel minor tempo possibile le istituzioni tradizionali. In un quadro di tensioni fra spinte al cambiamento e resistenze popolari e istituzionali, Carlo III tentò ambiziose riforme, cui fu poi per lo più costretto a rinunciare. Lasciò tuttavia un’eredità di dignità e splendore. E va riconosciuto a suo grande merito il fatto che, accantonando il bagaglio ideologico ereditato dalla Francia assolutista, abbia saputo “napoletanizzarsi” entrando in sintonia con i popoli del Regno e tenendo conto delle loro istanze ed esigenze nei momenti delle scelte più difficili.

Brossura, 14 x 21 cm. pag. 144

Stampato nel 2016 da Controcorrente

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Guido Belmonte – Edoardo Vitale

Carlo di Borbone esordì come sovrano combattente, nel riuscito tentativo di fare del Regno di Napoli uno stato formalmente indipendente. Seppe poi farsi promotore della grandezza delle Due Sicilie nelle costruzioni imponenti e magnifiche, come la Reggia di Caserta e il teatro San Carlo. E come l’Albergo dei Poveri, un palazzo maestoso posto al centro della Capitale, in cui gli emarginati divengono destinatari di una solidarietà trionfante e concreta, aliena da ogni snobismo. Furono poi memorabili la sua opera di valorizzazione delle arti e l’impulso straordinario che diede alla cultura (il ‘700, fra l’altro, fu il secolo d’oro della grande Scuola Musicale Napoletana e della sensazionale operazione di riscoperta di Pompei ed Ercolano) e al prestigio del Regno. Ma il suo tempo conobbe anche l’assalto al potere dei ceti parassitari che cercarono di utilizzare la monarchia, aperta alle loro istanze, come ariete per abbattere nel minor tempo possibile le istituzioni tradizionali. In un quadro di tensioni fra spinte al cambiamento e resistenze popolari e istituzionali, Carlo III tentò ambiziose riforme, cui fu poi per lo più costretto a rinunciare. Lasciò tuttavia un’eredità di dignità e splendore. E va riconosciuto a suo grande merito il fatto che, accantonando il bagaglio ideologico ereditato dalla Francia assolutista, abbia saputo “napoletanizzarsi” entrando in sintonia con i popoli del Regno e tenendo conto delle loro istanze ed esigenze nei momenti delle scelte più difficili.

Brossura, 14 x 21 cm. pag. 144

Stampato nel 2016 da Controcorrente

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