Seconda Guerra Mondiale/ Conflitti del Dopoguerra – Se la memoria non m’inganna… Ricordi di un uomo scomodo (1943-1962)

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“E’ sempre possibile ripartire da zero”, scrive Gilas concludendo il capitolo nel quale descrive la riunione del Plenum del partito dove fu accusato di “deviazionismo”. Era stato fino a pochi mesi prima responsabile dell’Agitprop e, con Tito, Kardelj e Rankovic, al vertice del Partito Comunista Jugoslavo. Aveva combattuto contro i tedeschi e, alla fine dell’occupazione, si era trovato con pochi amici a raccogliere i cocci di quella che era stata una monarchia e ad inventare una repubblica federale. Aveva creduto fermamente nel comunismo, in Mosca e in Stalin come garanti di una libertà e di un mondo nuovo, e in Tito come difensore dell’indipendenza nazionale. Era stato deluso da tutti. Da Stalin nel 1948, quando, mostrando il suo vero volto, l’imperialismo sovietico aveva cercato di sottomettere l’orgogliosa repubblica jugoslava. Da Tito più tardi quando, eccessivamente compiaciuto dei propri successi e della propria persona, il compagno di un tempo si era trasformato nel capo indiscusso e indiscutibile. Dai compagni e amici che, pur condividendo le sue idee, si trasformarono rapidamente nei suoi grandi accusatori. Ma soprattutto era stato deluso dalla realtà che stava trasformando gli ideali in burocrazia, dalla “nuova classe” opaca e repressiva che vedeva emergere.

Rilegato, 16 x 21 cm. pag. 459

Stampato nel 1987 da Il Mulino

Condizioni del libro: usato in ottime condizioni con sovracopertina.

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Descrizione

Milovan Gilas

“E’ sempre possibile ripartire da zero”, scrive Gilas concludendo il capitolo nel quale descrive la riunione del Plenum del partito dove fu accusato di “deviazionismo”. Era stato fino a pochi mesi prima responsabile dell’Agitprop e, con Tito, Kardelj e Rankovic, al vertice del Partito Comunista Jugoslavo. Aveva combattuto contro i tedeschi e, alla fine dell’occupazione, si era trovato con pochi amici a raccogliere i cocci di quella che era stata una monarchia e ad inventare una repubblica federale. Aveva creduto fermamente nel comunismo, in Mosca e in Stalin come garanti di una libertà e di un mondo nuovo, e in Tito come difensore dell’indipendenza nazionale. Era stato deluso da tutti. Da Stalin nel 1948, quando, mostrando il suo vero volto, l’imperialismo sovietico aveva cercato di sottomettere l’orgogliosa repubblica jugoslava. Da Tito più tardi quando, eccessivamente compiaciuto dei propri successi e della propria persona, il compagno di un tempo si era trasformato nel capo indiscusso e indiscutibile. Dai compagni e amici che, pur condividendo le sue idee, si trasformarono rapidamente nei suoi grandi accusatori. Ma soprattutto era stato deluso dalla realtà che stava trasformando gli ideali in burocrazia, dalla “nuova classe” opaca e repressiva che vedeva emergere.

Rilegato, 16 x 21 cm. pag. 459

Stampato nel 1987 da Il Mulino

Condizioni del libro: usato in ottime condizioni con sovracopertina.

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